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L’embargo imposto alla Russia costa all’agroalimentare italiano 217 milioni

È di 217 milioni la perdita economica per le esportazioni agroalimentari italiane per effetto dalle sanzioni emanate dall’Unione europea nei confronti della Federazione Russa. I cali più evidenti si registrano per frutta fresca, carni, latte e derivati, rispettivamente con perdite di 112 milioni, 57 milioni e 48 milioni di euro rispetto al periodo pre-embargo. È quanto emerge dalle analisi dell’Ismea sulla bilancia commerciale di prodotti agroalimentari della Federazione Russa.

L’import russo di prodotti agroalimentari italiani, che nel 2013 era in crescita del 124% rispetto al 2009, segnala l’Ismea, ha subito una forte battuta di arresto azzerando l’export per alcuni settori chiave come frutta fresca, carni, latte e derivati, penalizzando fortemente prodotti come uva, mele, kiwi, pesche, formaggi freschi e stagionati, carni bovine. Si tratta di prodotti spesso legati ad aree circoscritte come Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Puglia e Lazio, per le quali il danno economico è ancora più rilevante. Nonostante il perdurare dell’embargo, nel 2018 l’export agroalimentare italiano ha saputo parzialmente compensare le perdite subite grazie alla crescita di altri comparti del Made in Italy, come paste, pomodori pelati e polpe, tabacchi e olio.

Con un fatturato di 945 milioni di euro di export, l’Italia figura al settimo posto dei principali Paesi fornitori della Federazione Russa e si è posizionata al secondo posto, dietro la Germania, tra i fornitori comunitari. Detiene comunque il primato per le vendite di vino confezionato, era seconda nel 2013 e il terzo posto per i prodotti della panetteria e pasticceria.

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