Confagricoltura Bari-Bat

Incontro sul caporalato in Prefettura a Barletta, Confagricoltura Bari: “Non ci siamo mai sottratti al confronto, ma si parla solo di repressione”

Confagricoltura non si è mai sottratta al confronto con le istituzioni nazionali e territoriali sulle azioni di contrasto al caporalato, a tutela delle tante imprese che operano nel rispetto della legalità e che subiscono la concorrenza sleale di coloro che operano al di fuori delle regole. E’ questa la posizione dell’organizzazione emersa anche martedì scorso durante la riunione in prefettura, a Barletta, per la costituzione della Rete del lavoro agricolo che ha l’obiettivo di contrastare il fenomeno del caporalato. All’incontro hanno partecipato il direttore di Confagricoltura Bari-Bat, Vincenzo Villani, il vicedirettore, Gianni Porcelli, e Giuseppe Di Bari, presidente sezione olivicola provinciale.

“Ben vengano – spiega il direttore di Confagricoltura Bari-Bat, Vincenzo Villani, presente all’incontro – tutte le iniziative, di carattere preventivo, in materia di informazione, protezione ed assistenza, vigilanza e contrasto, filiera produttiva agroalimentare, matching domanda e offerta di lavoro agricolo e insediamento di tavoli territoriali per la costituzione di una “rete del lavoro agricolo di qualità”, attraverso una reale e concreta sinergia tra tutte le istituzioni, le Forze dell’ordine e le associazioni di categoria. Con rammarico – prosegue il direttore – durante l’incontro svolto in Prefettura a Barletta e finalizzato all’istituzione di un tavolo per la “rete di qualità”, sono stati principalmente (se non unicamente) enunciati i dati delle attività repressive svolte ma poco e nulla si è detto a riguardo di quelle di prevenzione, proprio perché poco o nulla è stato fatto in tal senso lasciando, com’è accaduto sempre finora, alla libera iniziativa dell’impresa l’arduo compito di evitare di cadere nelle maglie del fenomeno delinquenziale, nella frenesia della ricerca del personale indispensabile in determinati momenti della campagna, o di esporsi al rischio legati all’utilizzo di mezzi di trasporto persone.

“Va assolutamente spezzata l’equazione fuorviante agricoltura=caporalato – aggiunge il vicedirettore di Confagricoltura Bari-Bat, Gianni Porcelli – unico messaggio che ormai passa indistintamente e che colpisce, di rimando, la stragrande maggioranza delle aziende agricole sane e virtuose, svilendone gli sforzi e gli investimenti fatti proprio in un territorio la cui economia si regge in gran parte sul settore agricolo, e ciò in virtù dell’approccio unicamente repressivo dato nell’attuazione della legge sul caporalato. Equazione fatta passare in modo volutamente errato per trasmettere sugli agricoltori le colpe di un sistema welfare che non ha mai funzionato a dovere e che del quale si è lasciato il peso applicativo, in tutte le sue espressioni, sulle spalle dell’imprenditore”.

Ciò a conferma di quanto Confagricoltura va sostenendo da tempo: la legge 199/16 fino ad ora è stata, di fatto, applicata unicamente nella sua parte repressiva e necessita, con urgenza, di interventi correttivi di alcune disposizioni di carattere penale (art.603bis c.p.), a partire da quelle che estendono la punibilità al datore di lavoro, a prescindere dall’intervento del caporale, a fronte anche di violazioni lievi e occasionali, riferibili a indici di sfruttamento piuttosto generici. I chiarimenti forniti, poi, dall’INL, con apposite linee guida, non hanno assolutamente fugato, se non hanno addirittura aggravato, i dubbi interpretativi su norme che si prestano ad applicazioni estensive e personalistiche lasciando troppi margini di discrezionalità agli organi di vigilanza ed alla magistratura, entrambe spesso estranee alle problematiche relative alla gestione quotidiana del lavoro agricolo. La norma, come Confagricoltura ha sempre richiesto, dovrebbe obbligatoriamente prevedere l’istituzione di un albo dei controlli, che eviti il reiterarsi di verifiche sempre a carico delle stesse aziende da parte dei vari organi di vigilanza mentre sfuggono quelle situazioni succubi o conniventi con la criminalità. “Ci si chiede – conclude Porcelli – come mai l’iscrizione alla Rete del lavoro agricolo di qualità, istituita presso l’INPS, venga guardata con sospetto dalle Aziende agricole e registri un numero esiguo di adesioni (4 aziende in tuto il territorio della Provincia BAT): la risposta è nell’eccessiva rigidità dei requisiti richiesti e, soprattutto, nell’inutilità pratica che l’azienda riscontra nell’adesione, considerando che l’unico concreto vantaggio, cioè l’esclusione dalle azioni ordinarie di controllo che permetterebbe alle aziende di evitare le lunghe soste lavorative ad esse connesse, è nei fatti non garantito”.

Al termine dell’incontro il presidente di Confagricoltura Bari-Bat, Michele Lacenere, ha commentato così: “Il tavolo avrebbe dovuto chiarire l’indispensabile connessione che dovrebbe esistere tra la giusta valutazione dei prodotti agricoli, unitamente al corretto funzionamento della gestione delle erogazioni dei contributi pubblici alle attività agricole, e la correttezza dei rapporti datoriali con la manodopera; avrebbe dovuto sottolineare come sia indispensabile prevedere, a valle della corretta retribuzione e del pagamento degli esosi contributi previdenziali, un corretto e disciplinato rapporto tra il mondo della produzione agricola e quello che opera nella trasformazione e distribuzione dell’agroalimentare; avrebbe dovuto sottolineare gli scogli che la quotidiana attività agricola si trova a superare ogni giorno e che si chiamano: avversità climatiche e ambientali, fitopatie e burocrazia, non necessariamente in quest’ordine. Si è preferito, invece, riversare colpe spesso inesistenti sulla categoria che ogni giorno lotta per produrre cibo, mantenere ambiente e dare lavoro, senza chiarire i termini della retribuzione di quest’opera e, soprattutto, senza chiarire i limiti delle responsabilità del pubblico rispetto al privato. E’ facile, troppo, scaricare sul privato gli impegni che dovrebbero essere istituzionalmente garantiti: formazione, sanità e trasporti siano di competenza delle istituzioni che debbono farsi carico dei relativi costi e responsabilità”.

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